Leggo e suggerisco di leggere un interessante pezzo scritto da Valeria Balboni, su il fatto alimentare ( https://ilfattoalimentare.it/pomodori-senza-sapore.html ) che mi ha molto colpito. Sia per il contenuto dell’articolo sia per alcuni commenti fatti dai lettori.
La questione è relativa al prodotto “pomodori “, che troviamo nei supermercati. Molto belli, dalle forme regolari e dai colori invitanti. Tuttavia al momento della prova, l’assaggio, rimaniamo con “l’amaro in bocca”. Il gusto non è a livello delle aspettative. Come mai?
La risposta dice l’articolo è da ricercare nello sviluppo scientifico che, in particolare in Olanda, ha consentito di realizzare un prodotto estremamente “stabile” con una shelf life ( il tempo di conservazione accettabile ), più lunga del normale, quindi molto utile per la distribuzione, e appunto dalle forme e dai colori veramente invitanti. Questo è reso possibile, si è scoperto, grazie ai geni rin e nor, che controllano la maturazione: quando questi geni sono presenti nel DNA delle piante, la maturazione è rallentata e i pomodori si possono conservare a lungo. Purtroppo però la presenza di due geni rin e nor
inibisce una serie di reazioni chimiche che permettono la formazione delle numerose sostanze responsabili del profumo e del sapore del frutto. Ecco perché i pomodori che troviamo al supermercato non sono mai molto saporiti.
In sostanza nell’articolo viene sottolineato che per consentire una distribuzione capillare dei prodotti, grazie alla grande distribuzione dobbiamo accontentarci di un prodotto bello, ma con poca personalità per quanto riguarda il gusto, mentre se riuscissimo ad acquistare un prodotto direttamente dal produttore questo avrebbe sicuramente un gusto più corposo.
Altro tema dell’articolo è quello del prezzo. Ossia grazie alla gdo il pomodoro in questione costa mediamente un quarto del pomodoro del coltivatore. Ovvio se dovesi valutare la spesa limitatamente ai pomodori il problema non si pone ma se spostiamo il ragionamento su una spesa media di una famiglia italiana magari con un figlio la questione cambia. E lo documenta anche il crescente numero dei prodotti a marchio delle diverse catene di distribuzione in grado di fornire prodotti ormai svincolati dalla stagionalità, a prezzi sempre più scontati e supportati da importanti campagne di marketing.
Dobbiamo quindi arrenderci davanti al Bivio o bello o buono?
Forse no, se accettassimo di rivedere le quantità e le abitudini alimentari. Potremmo infatti limitare il consumo di tutta una serie di prodotti a vantaggio di prodotti meno processati e più salutari.
La questione non è di poco conto perché bisogna considerare diverse variabili: il tempo che possiamo dedicare alla spesa e alla preparazione dei pasti; il fabbisogno calorico e la qualità di quanto ingeriamo; il budget a nostra disposizione; e anche il contenimento degli sprechi; quanto scarto, biologico e da confezionamento, produciamo con la nostra spesa.
Insomma se da una parte la scienza e la tecnica ci possono venire incontro per aver una ampia offerta a basso costo del prodotto alimentare, da un’altra parte non è cosa facile trovare l’equilibrio nel piatto: un cibo gustoso, sano, non troppo caro, veloce e sostenibile. Quale strada prendere sta a ognuno di noi